La prima monoposto che ha adottato la caratteristica aerodinamica conosciuta con il termine “effetto suolo” è stata la Lotus 78 del 1977. Progettata nel 1976 dalla “Lotus Cars” di Colin Chapman, la monoposto viene pensata verso la metà del '75, quando Chapman incarica un équipe di tecnici inglesi formata da Tony Rudd, Peter Wright, Ralph Bellamy, Martin Ogilvie e Charles Prior di progettare una monoposto dotata di caratteristiche aerodinamiche innovative e rivoluzionarie per l'epoca.
LOTUS 78, Mario Andretti
Monza, GP d'Italia 1977
L'idea è relativamente semplice e viene allo stesso Chapman: applicare lo stesso principio di deportanza degli alettoni anteriori e posteriori al corpo vettura della monoposto. Il gruppo di progettisti della Lotus inizia quindi gli studi teorici per applicare ad una vettura un profilo alare rovesciato sotto le fiancate al fine di ottenere una elevata deportanza. Viene realizzato un modello in scala 1:25 con una concezione assolutamente diversa rispetto alle vetture di F1 viste in pista fino a quel momento. La monoposto infatti non presenta più un fondo piatto ma è dotata di pance laterali conformate nella parte inferiore come un'ala rovesciata, da cui nasce il nome “wing Car”, che si stringe verso il suolo fino a circa metà vettura per poi gradualmente incrementare l'apertura verso gli scivoli posteriori. La Lotus 78 ha così due fiancate molto voluminose e lunghe, dotate di condotti destinati all'effetto suolo, detto anche effetto Venturi, fenomeno scoperto dall'omonimo fisico italiano e noto sin dalla fine del '700.
LOTUS 78, Mario Andretti
Long Beach, GP USA Ovest 1977
L'aria convogliata in questo canale attraverso le grandi bocche anteriori viene compressa e accelerata a causa del restringimento della sezione centrale, per poi essere risucchiata dallo scivolo posteriore, causando una forte depressione, che si traduce in un aumento della deportanza. Contrariamente alla deportanza prodotta dalle appendici alari, quella che si genera con l'effetto Venturi influisce solo minimamente sulla resistenza aerodinamica, rendendo così l'auto molto più veloce in curva senza penalizzare la velocità massima nei rettilinei. Per garantire più spazio possibile alla zona inferiore delle fiancate, viene spostato il serbatoio dietro alla schiena del pilota e riposizionati i radiatori dirigendo il flusso dell'aria verso l'alto per non disturbare la zona destinata alla depressione. Sorge però fin da subito il problema di come sigillare i bordi delle fiancate per non permettere al flusso d'aria che scorre al di sotto delle stesse, di disperdersi. Si ricorre così a una soluzione utilizzata da Jim Hall, progettista della Chaparrall 2J del 1970, vettura dotata di una ventola posteriore che estrae l'aria da sotto la vettura per creare una depressione, ovvero utilizzare delle paratie laterali in Nylon. Peter Wright monta così sulla Lotus 78 delle "minigonne" in nylon che sfiorano l'asfalto sigillando il condotto "Venturi" creato sotto alle fiancate.
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LOTUS 78, Gunnar Nilsson Monza, GP d'Italia 1977 |
Sulla carta tutto sembra funzionare al meglio ma, una volta che la vettura viene portata in pista, sul finire del 1976, iniziano ad insorgere altri problemi apparentemente di poco conto, che però portano Colin Chapman alla decisione di posticipare alla stagione '77 il debutto in gara, con la convinzione che, una volta risolti i problemi di gioventù, avrebbe avuto in mano una monoposto rivoluzionaria e difficile da battere. Il problema principale da risolvere è dovuto alla distribuzione dei pesi. La monoposto, progettata con grandi pance laterali con i radiatori nella parte superiore, e con una sezione frontale piuttosto stretta per favorire l'accesso d'aria alle fiancate, soffre di una certa instabilità dovuta al baricentro piuttosto alto, problema risolto nel tempo con parecchie migliorie sulla distribuzione dei pesi della vettura. Altro problema sono le minigonne in nylon, troppo flessibili e facilmente deformabili dalla forza dell'aria, vanificando il sigillo del condotto Venturi.
LOTUS 78, Mario Andretti
Montecarlo, GP di Monaco 1977
Viene quindi presa la decisione di adottare bandelle rigide in materiale ceramico, associate a molle di precarico annegate nelle fiancate che spingono le bandelle verso l'asfalto, per risolvere definitivamente il problema della sigillatura del fondo. La maggiore aderenza nelle curve veloci induce ad una fiducia sempre crescente i due piloti titolari del John Player Team Lotus, l'italoamericano Mario Andretti e lo svedese Gunnar Nilsson che, già dopo tre gare del campionato 1977, trovano la vittoria e riportano la Lotus ai vertici. Grazie alla “78” la Lotus ottiene nell'arco della stagione 5 vittorie conquistando il 2° posto nel Mondiale Costruttori e il 3° nel Mondiale Piloti con Andretti. Nonostante i difetti di gioventù la Lotus 78 dimostra comunque un potenziale enorme e verrà presto copiata da tutte le avversarie.
Il 1978 e la mitica JPS 78 definì una vera e propria rivoluzione nella F1 di quei fantastici anni. La Brabham adottò un ventilatore in stile Chapparal J2, ma il concetto di ground effect fu uno shock aerodinamico. Voglio solo dire che Peterson perse la vita su una vecchia JPS 77 muletto nella gara che consacrò Andretti campione del mondo del 1978. Ma per me quel campionato fu di Ronnie.
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