Già nella seconda metà del 1988 a Maranello si decide di intensificare il programma di sviluppo di una nuova monoposto per l'anno successivo. Per far ciò viene promosso a progettista “totale” l'inglese John Barnard che nel biennio 87/88 ha seguito la parte aerodinamica delle monoposto progettate da Gustav Brunner. Sotto la sua direzione lavorano il capo designer Enrique Scalabroni e il responsabile per l'aerodinamica Henri Durand, che hanno il compito di portare a compimento la nuova Ferrari F1-89/640.
FERRARI F1-89/640, Gerhard Berger
Phoenix, GP degli Stati Uniti 1989
La gestazione della nuova vettura di Maranello è molto lunga: già a metà 1988 vengono assemblati due esemplari del prototipo F1-89/639, monoposto laboratorio che viene impiegata in un intenso programma di prove nelle mani dei tester Gianni Morbidelli, Roberto Moreno e J.J. Letho, sul circuito di Fiorano. Sulla 639 vengono provate diverse novità tecniche, prima fra tutte il nuovo cambio semiautomatico a 7 marce, una novità assoluta per la Formula 1. Già nel '79 Mauro Forghieri aveva progettato, realizzato e montato un tipo di cambio simile su una 312T3, collaudata da Villeneuve che, nonostante i buoni risultati, aveva bocciato il progetto, preferendo il classico manuale. Barnard invece crede molto in tale soluzione, tanto da realizzare una vettura con un telaio particolarmente affusolato e progettando l'abitacolo senza lo spazio per la leva del cambio, e la pedaliera senza il pedale della frizione, mentre nella strumentazione sul cruscotto sono presenti 7 spie luminose che si accendono per indicare la marcia inserita. Contemporaneamente un grande sforzo viene profuso dai motoristi nello sviluppo del nuovo motore V12, nella tradizione della casa di Maranello, per il quale vengono adottate le 5 valvole per cilindro, 3 di aspirazione e 2 di scarico. Lo sviluppo del nuovo propulsore Tipo 035 V12 da 3498 cc viene però rallentato dai continui problemi di affidabilità che incontra il complesso ed innovativo sistema del nuovo cambio semiautomatico, tanto che si decide di utilizzare una vecchia monoposto del 1987, rinominata F1 87/88A, sulla quale viene installato il nuovo motore aspirato abbinato ad un cambio tradizionale.
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FERRARI F1-89/639, test a Fiorano |
Nonostante la gestazione della monoposto abbia richiesto oltre un anno di prove e sia affidata a due ottimi piloti, il confermato austriaco Gerhard Berger e il “cavallo di razza” Nigel Mansell, fortemente voluto da Enzo Ferrari in persona prima della sua morte, la F1-89/640 si rivela fin da subito molto veloce ma purtroppo poco affidabile. Dopo la vittoria di Mansell al debutto in Brasile infatti la scuderia di Maranello va incontro ad una serie infinita di ritiri, quasi tutti dovuti alla gestione elettronica del cambio semiautomatico, la cui centralina soffre le alte temperature che si sviluppano nel rastremato cofano motore mandando in crisi le raffinate elettrovalvole che gestiscono i servomeccanismi del cambio, causandone la rottura. Solo da metà stagione il problema viene risolto con Mansell capace di salire sul podio in cinque gare consecutive nella fase centrale del campionato.
FERRARI F1-89/640, Nigel Mansell
Estoril, GP del Portogallo 1989
Purtroppo la F1-89/640 su 32 partenze vede per sole 9 volte la bandiera a scacchi ma ogni volta che arriva al traguardo lo fa salendo sul podio. La monoposto di Maranello ottiene infatti 3 vittorie, 4 secondi posti e 2 terzi che permettono alla scuderia del cavallino di ottenere 59 punti e il terzo posto nella classifica costruttori. La F1-89/640 è anche famosa per l'incidente di Berger a Imola quando a oltre 290 km/h va a sbattere contro le barriere alla curva del Tamburello, a causa di un cedimento dell'alettone anteriore della sua Ferrari. La vettura dell'austriaco prende fuoco poiché un radiatore buca la scocca nella zona dei serbatoi benzina e il pilota si salva solo grazie al tempestivo intervento degli uomini del servizio antincendio del circuito di Imola, che spengono il fuoco in meno di venti secondi. Berger se la cava miracolosamente con una costola rotta e delle ustioni alle mani che gli costringono di dare forfait al successivo Gran Premio di Monaco.
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