LIFE F190 Life W12 F35

   Partiamo dal lontano 1966 per cominciare a raccontare della Life di Ernesto Vita. In quell'anno infatti l'ingegnere motorista della Ferrari Franco Rocchi, con un passato nelle Officine Meccaniche Reggiane dove acquisisce una consistente esperienza nel settore dell'aviazione militare, progetta e assembla un prototipo di motore radiale da 16 cilindri "a doppia V", con quattro bancate a 60° da 4 cilindri l'una e un imbiellaggio di tipo aeronautico. Rocchi è convinto che configurando l'architettura a W si può ottenere un guadagno in termini di peso e dimensioni ma il motore così concepito una volta fatto girare al banco palesa debolezza strutturale alla testata centrale e, complice un'ulteriore restrizione regolamentare, viene accantonato dai vertici di Maranello. Verso la fine degli anni '80 l'imprenditore Ernesto Vita, affascinato dal progetto di Rocchi, lo convince a cedergli i diritti per l'utilizzo del innovativo motore W12 da lui progettato vent'anni prima, puntando ad inserirsi nel giro della Formula 1 come fornitore di motori tramite il marchio Life Racing Engines.

LIFE F190, Bruno Giacomelli
Montréal, GP del Canada 1990  

   Nasce così il motore denominato Life F35, un dodici cilindri a W da 3500 cc, più corto e leggero di un tradizionale V12, consentendo sulla carta di costruirvi intorno una vettura egualmente compatta e dunque ben più agile rispetto alle macchine dotate di un comune propulsore a due bancate. La presentazione del progetto avviene a Milano nel 1988 durante la cerimonia per la consegna dei Caschi d'Oro ma l'entusiasmo di Vita si spegne presto di fronte all'indifferenza generale degli addetti ai lavori, scettici sull'effettiva bontà del progetto visti anche i soli 480 cv sviluppati al banco contro i 600/700 degli altri propulsori. Non trovando nessun acquirente per l'impiego del suo W12 F35, in vista del mondiale del 1990 Vita decide di agire per conto proprio e fondare una propria scuderia chiamata anch'essa Life (Vita in Inglese). Vita contatta pertanto Lamberto Leoni, proprietario del team First Racing che nel 1989 aveva vanamente tentato di iscrivere al mondiale di Formula 1 la propria F189, monoposto derivante direttamente da una F3000 e modificata dai tecnici Gianni Marelli e Richard Divila.

 LIFE F190 dettaglio del motore W12 F35 

   Leoni cede a Vita l'unica F189 realizzata, sulla quale vengono apportate alcune modifiche per ospitare il nuovo motore W12 intervenendo sull'area del cofano che assume un aspetto tondeggiante e voluminoso. Infatti oltre alla classica presa d'aria motore sopra alla testa del pilota, vengono aggiunte prese d'aria supplementari ai lati del cofano, simili a quelle utilizzate sulle vetture costruite dalla Benetton tra il 1987 e il 1989. L'installazione del nuovo W12 sul telaio della First è meno complicata del previsto grazie al fatto che Rocchi ha previsto l'impiego di flange d'attacco del motore al telaio e al cambio del tutto analoghe a quelle adottate per i propulsori V8, proprio in previsione di cedere il motore anche ad altre scuderie. Al motore W12 F35 viene abbinato un cambio Hewland a 6 marce mentre gli pneumatici sono forniti dalla Goodyear. La nuova creatura di Ernesto Vita sembra pronta a prendere il via.

LIFE F190, Gary Brabham
Interlagos, GP del Brasile 1990 

   Sulla carta la Life F190 si presenta come una delle debuttanti più particolari ed ambiziose in Formula 1 per l'anno 1990. Tuttavia lo stesso Divila, autore della First F189 ma che nulla ha a che fare con la Life F190, nutre seri dubbi sulla bontà della soluzione ammonendo pubblicamente la pericolosità nel guidare tale vettura, oltre che nutrire dubbi sulle prestazioni. Il suo disappunto è tale che il tecnico disconosce il progetto e intenta azioni legali per impedire che il suo nome venga ulteriormente associato alla Life. Il pilota scelto per l'avventura in F1 è l'australiano Gary Brabham, figlio del Campione del Mondo Jack. Visto il limitato budget a disposizione e la nullità di pezzi di ricambio, la F190 compie solo alcuni giri sui circuiti italiani di Vallelunga e Monza, prima di partire per la trasferta nordamericana, da dove parte il mondiale. Sul circuito cittadino di Phoenix, prima gara del campionato 1990, la vettura compie solo quattro giri dovendo sempre rientrare ai box senza nemmeno ottenere un rilievo cronometrico. In Brasile va ancora peggio quando la macchina si pianta all'uscita dei box senza più riuscire a ripartire. Brabham, deluso, abbandona il team e Vita si trova costretto a cercare un altro pilota, trovandolo nel veterano Bruno Giacomelli, assente però dalle competizioni dal lontano 1983. Anche il buon Giacomelli nulla può con una vettura che soffre di continui problemi elettrici oltre che aerodinamici, tanto che le velocità di punta registrate sui vari circuito sono di oltre 50 km/h inferiori a quelle delle peggiori monoposto.

LIFE F190, Bruno Giacomelli
Spa-Francorchamps, GP del Belgio 1990

   I risultati sono disastrosi, con distacchi che sfiorano i 10/20” al giro rispetto ai concorrenti. Addirittura a Montecarlo il tempo realizzato dalla F190 non sarebbe sufficiente nemmeno per prendere il via nella gara delle Formula 3. Dal gran premio del Portogallo si decide di abbandonare l'ambizioso progetto W12 e tornare ad un più classico V8, montando sulla F190 un economico ed altrettanto poco prestazionale Judd CV ma i risultati non cambiano e dopo l'ennesima figuraccia fatta in Spagna, con 24” di distacco dalla pole e 21” dal penultimo tempo, Vita decide di ritirare la propria scuderia dal campionato, non partecipando alle ultime due gare. L'unica F190 esistente dopo parecchi anni verrà acquistata dal collezionista Lorenzo Prandina e, grazie alle cure dell'ex capo meccanico della scuderia Life, Oliver Piazzi, verrà nuovamente equipaggiata con l'originale W12 F35. Dal 2007 la monoposto completamente restaurata ha partecipato a più edizioni del festival di Goodwood nel Regno Unito.





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